La nostra vita in un movimento di dita e la marcescenza dei nostri cervelli
di Irene Zagrebelsky
Lo scrolling, quel movimento rapido con il dito sullo schermo che capita così di frequente di veder fare e di fare, ci mette facilmente e senza impegno a contatto con contenuti di diversa provenienza e natura.
Senza filtri ingurgitiamo. A ritmi vorticosi. E subito passiamo a quelli successivi. Che siano legati a quelli precedenti, poco importa.
È colore, è suono, è velocità. È roba che ci permette di “staccare” con la vita concreta che ci circonda e ci interpella direttamente e senza schermi.
La parola dell’anno che l’Oxford University Press, editrice dell’Oxford English Dictionary, ha scelto per il 2024 è “marcescenza del cervello”. Questo neologismo, traduzione dell’inglese “brain rot”, descrive il “presunto deterioramento dello stato mentale o intellettuale di una persona, visto soprattutto come risultato di un consumo eccessivo di materiale (in particolare di contenuti online) considerato banale o poco impegnativo”.

COSA CI STA SUCCEDENDO?
Se capisco bene, noi umani quindi ci prendiamo dei tempi di disimpegno e di ipotetico relax consumando contenuti online di bassa qualità che, a quanto sembra, a loro volta consumano le nostre capacità cognitive e insieme la nostra disponibilità a gestire la complessità che caratterizza il vivente, in tutte le sue forme.
Risultiamo Online e disponibili per questioni passate sotto la pressa della semplificazione che occupano comunque spazio e ci lasciano stanchi e svuotati, risultando poi Offline e non disponibili per questioni che ci richiedono reale presenza, passione, azione.

Scrive Eugenio Borgna nel libro Parlarsi- La Comunicazione perduta:
Qual è il tempo della comunicazione digitale? Non è il tempo della agostiniana circolarità fra il presente, il passato e il futuro, ma è il tempo che vive in un presente intessuto di istanti, di frammenti, che sono gli uni accostai agli altri, gli uni staccati dagli altri, in un presente che non ha storia, non ha passato, e non ha speranze, non ha futuro, in un presente che è di volta in volta risucchiato nel flusso ininterrotto di comunicazioni che nascono e muoiono, rinascono e scompaiono, senza lasciare tracce durature nella nostra vita interiore e nella nostra memoria vissuta.
E scrive ancora:
Comunicare vuol dire rendere comune (dal latino manus, dono): è dialogo, relazione. Significa entrare in relazione con la nostra interiorità e con quella degli altri.
Se assumiamo questa definizione, non è più nascondibile il fatto che nell’era della comunicazione in realtà è proprio la comunicazione a esser sacrificata sull’altare della velocità, dell’immediatezza e del “ciò che funziona”.
E se sembra che questo bombardamento di continui contenuti di bassa qualità a cui ci sottoponiamo abbia un impatto a livello cognitivo, quale sarà il suo impatto a livello emotivo?
Una disabitudine a sentire e a gestire la complessità delle emozioni, proprie ed altrui, e a stare in contatto e in dialogo con la palpitante e vulnerabile nostra comune dimensione umana?
Io temo di sì.
Possiamo crearci facilmente spazi in cui ci convinciamo che basti passare un dito sullo schermo per far sparire ciò che ci fa soffrire o fa soffrire altre persone, ciò che non ci piace o di cui semplicemente non abbiamo voglia di occuparci o che ci richiede tempi più distesi. Possiamo crearci delle “bolle”.
Possiamo arrenderci alla nostra crescente impazienza e consegnarci senza resistenza alla nostra pretesa che tutto avvenga in un click.
Possiamo inseguire la prima ricetta preconfezionata che appare sullo schermo che fa quadrare ciò che quadrato non è. Ma che importa, l’importante è risolvere, far veloce, aspettando il prossimo Reel.
Possiamo farlo.
Possiamo anche scegliere diversamente. Siamo liberi/e di farlo.
Può non essere facile. A volte ci riusciremo e a volte non ci riusciremo. La cosa davvero importante è ricordarci che possiamo scegliere, pensare a cosa ci stiamo giocando e avere a cuore la nostra libertà.
Per provare a bloccare la marcescenza dei nostri cervelli. E il rinsecchirsi dei nostri cuori.
RISORSE
Libro: Parlarsi – La Comunicazione perduta di Eugenio Borgna (Einaudi Edizioni)