La Comunicazione nonviolenta. Una comunicazione a portata di cuori.
di Irene Zagrebelsky
Come possiamo vivere insieme in modo da stare tutti e tutte meglio?
Come possiamo aumentare le possibilità di comprenderci e di collaborare?
Nella vita personale, nel lavoro, nelle scuole, nelle organizzazioni…
La Comunicazione nonviolenta e empatica, sviluppata da Marshall B. Rosenberg, può offrire delle chiavi utili davanti a queste domande, indicandoci un modo diverso di guardare, di ascoltare, di comunicare, di stare nelle situazioni e nei dialoghi, che siano con noi stessi/e, con chi ci sta accanto, con le persone con cui lavoriamo, nei gruppi.
Ci mostra vie concrete da percorrere per creare maggiori aperture, chiarezze, per sciogliere nodi, per trovare di volta in volta quel sentiero che, passo dopo passo, porterà a maggior comprensione, rispetto, compassione reciproca e quindi azioni e impegni in accordo e a supporto con ciò che di vivo c’è.

BISOGNI FONDAMENTALI E UNIVERSALI, STRATEGIE SPECIFICHE E INFINITE
La prima chiave che ci offre è nel ricordarci che ognuno/a di noi ha dei bisogni fondamentali e che questi sono universali, cioè sono gli stessi in ogni essere umano indipendentemente dall’età, dal genere, da dove è nato/a, in che cultura è cresciuto/a, che idee ha, che ruolo ricopre all’interno di un’organizzazione ecc. Sono bisogni di sopravvivenza, di autonomia, nutrimento (in senso lato), di espressione di sé, di ordine mentale, sociale e spirituale.
Poi la Comunicazione nonviolenta ci ricorda che ogni nostra azione o comportamento nasce dal desiderio di soddisfare un bisogno fondamentale e ognuno/a di noi sceglie modi differenti per farlo, in base alle informazioni e alle risorse che ha e per come ha imparato. Mentre cioè i bisogni sono universali, i modi e le strategie sono sempre specifici. E sono infiniti. Se attraverso le strategie scelte, i nostri bisogni saranno soddisfatti, sperimenteremo sentimenti piacevoli. Se i nostri bisogni non saranno invece soddisfatti, o lo saranno solo in parte, sperimenteremo sentimenti un po’ meno piacevoli. I modi che ognuno di noi mette in atto per cercare di soddisfare i propri bisogni possono infatti essere più o meno efficaci e condivisibili e possono (e molto spesso succede!) entrare in conflitto con le strategie scelte da altre persone.
Per questo l’invito che ci fa la Comunicazione nonviolenta è quello di metterci in ascolto di quanto sta sotto alle diverse strategie, alle nostre azioni e parole e a quelle delle altre persone in modo da entrare in contatto con quell’energia vitale da cui nascono: i bisogni, le aspirazioni, i desideri, i valori che ci animano.
ALLA SCOPERTA DI NUOVE STRATEGIE E DIALOGHI
Da questo spazio di connessione con questa parte profonda di noi sarà più facile lasciar andare quelle strategie che magari non sono le più efficaci o che non tengono in conto tutti i bisogni presenti.
Spesso le strategie che mettiamo in atto ci sembrano le uniche disponibili, ci convinciamo e impuntiamo nel pensare che siano le più giuste, dicendo che sono quelle che si sono sempre messe in atto, da che mondo e mondo! E così facendo ci auto-sabotiamo e non ci apriamo alla creatività e alle infinite possibili vie che esistono per prenderci cura dei nostri bisogni e del nostro essere interdipendenti e quindi necessariamente in relazione anche con le vie scelte delle altre persone con cui condividiamo questo mondo, spazi di vita, di scrivania, di ufficio, di strada ecc.
Tutto questo richiede un certo desiderio di metterci in gioco, tanta pratica, pazienza, perseveranza, accoglienza della nostra e altrui vulnerabilità e disponibilità a “disimparare” modi di comunicare che non ci aiutano a relazionarci tra di noi.
Scrive Marshall B. Rosenberg nel suo libro Le parole sono finestre [oppure muri]
“Siamo stati educati a pensare nei termini di ‘che cosa c’è di sbagliato’ negli altri quando i nostri bisogni non sono soddisfatti. Nella mia esperienza ho potuto osservare che, nel momento in cui le persone cominciano a parlare di ciò di cui hanno bisogno, anziché di quello che non va nell’altra persona, aumenta enormemente la probabilità di trovare un qualche modo di soddisfare i bisogni di tutti”.
Siamo così abituati ad un linguaggio basato sul criticare, giudicare, etichettare, negare le nostre responsabilità, punire! E a difenderci dalle critiche e dalle punizioni, attaccando a nostra volta o fuggendo! E quanto tempo dedichiamo a cercare di chi è la colpa piuttosto che a dirci e trovare modi per prenderci cura insieme dei nostri reciproci bisogni!
Quali sentimenti sto provando in questa situazione, cosa dice il mio corpo?
Che bisogni profondi sono vivi in me in questo momento… E quali azioni concretamente voglio fare?
Quali richieste per me e quali per gli altri?
È da questo spazio di connessione e chiarezza che posso comunicare in modo da aumentare le mie possibilità di essere compreso/a. E insieme ad aprirmi all’ascolto degli altri:
Che sentimenti stanno provando?
Che bisogni sono vivi in loro?
Cosa vorrebbero concretamente che succedesse?
Come possiamo collaborare?
Su questo piano può nascere il dialogo:
- connessione con noi stessi e con quello che è vivo in noi
- disponibilità e curiosità di ricevere con empatia le stesse informazioni dalle altre persone.
Fatto questo passaggio, poi tutto è veramente possibile.
Provare per credere!
RISORSE
Libro: Le parole sono finestre [oppure muri] di Marshall B. Rosenberg (Esserci Edizioni)